La nota acuta è ligheia, bell'aggettivo del greco antico.

Ligheia è la Musa di chiara voce nell'Odissea. Ligheia è pure l'arte del suono amonico, la melodia che addolcisce gli animi e svela la limpida gratuità della vita.

Lighea - senza una i, ma va bene lo stesso - è la donna-pesce di un bel racconto di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, siciliano.

Lighea infine - in omaggio alla scabra bellezza della Sicilia ma anche all'orgia di suoni delle sirene durante le feste della bufera in fondo al Tirreno e allo Ionio - è il titolo di questo cd, concertato dal sax di Mario Raja, dal contrabbasso di Bruno Tommaso e dal pianoforte di Marvi La Spina.

Con musica e letteratura bisogna andarci piano, le suggestioni sono facili. Ma se si ascolta il disco leggendo intanto le pagine di Tomasi di Lampedusa, vi viene voglia - incoraggiati dal titolo - di giocare con personaggi, atmosfere, suoni. Allora attribuite al contrabbasso sia il colore della Torino autunnale del 1938, sia la voce dell'anziano coltissimo professore di greco, il senatore La Ciura; al sax l'io narrante del giornalista siciliano Paolo Corbera; al pianoforte le grida infantili della sirena Lighea mentre strazia coi denti un pesce argentato.

Il gioco può andare oltre. I tre musicisti hanno amato molto il racconto di Tomasi, due di loro (La Spina e Tommaso) sono siciliani, il terzo (Raja) ha ascendenze napoletane: niente toglie che si siano spinti fin dove porta la storia dello scrittore, fino alla voce un pò gutturale di Lighea, velata, risuonante di armonici innumerevoli, piena delle risacche impigrite dei mari estivi, del fruscio delle ultime spume sulla spiaggia, del passaggio dei venti sulle onde lunari.

Questa voce di sirena è centrale nel racconto. La vocalità di Lighea per Lampedusa è musica pura, il simbolo di un'arte che nasce direttamente dalla sintesi, in un corpo vivo, della sfera animale e di quella divina, senza mediazioni.

La sirena Lighea è il rimpianto della radiosa sonora idealizzata meridionalità grecoarcaica, minacciata sempre più dall'autunnale dittatura dell'utile come dalla democrazia del profittevole.

I tre musicisti ne fanno, nei loro brani, traccia di motivi popolari meridionali, note minime lavorate a fondo, reinventate per nuovi giochi luminosi, gioiosi, di seduzioni, di sparizioni dolorose. Leggete quindi Lampedusa, ascoltate La Spina, Tommaso, Raja.

Il contrabbasso si strugge, il sax ascolta e rivive e rappresenta, i denti del pianoforte sgranocchiano molluschi palpitanti insieme a briciole di conchiglia. Poi chiudete il libro. Del fondo malioso siculogrecoarabo della favola di Tomasi di Lampedusa resta la musica ligheia, le note possibili d'oggi, la concertazione chiara e dolce degli strumenti.

Domenico Starnone